Nella prima parte di questo articolo, ho concluso parlando d’amore.
Per amore intendo quella forza che spinge verso la nostra intera manifestazione dell’essere, che niente ha a che fare con l’amore del bisogno, quello con cui spesso lo scambiamo.
Questo amore di cui parlo è una vera e propria potenza originaria che tende alla vita, che non ha bisogno di essere acclamato, che si manifesta in silenzio, che dona senza aspettative perché gli è naturale. E’ un amore che non ha bisogno di essere raccontato perché c’è e basta.
Questo è l’amore che molti chiamano Coscienza Cristica ed è l’unica vera salvezza, e dovrei anche parlare di questa parola: “salvezza”, perché travisata dalle nostre limitazioni umane. Salvezza non è sopravvivere ad un’Apocalisse. Salvezza è vivere con presenza nell’esserci nel nostro intimo, in questa vita, prigione o scuola che sia, nella riscoperta di chi siamo.
Ricordiamoci bene una cosa: nasciamo (veniamo al mondo) soli e moriamo (lasciamo questo mondo) soli. E questa consapevolezza fa venire le vertigini, ma è importante rifletterci.
Io credo che ognuno debba lavorare su di sé indipendentemente dagli altri.
Perché uno degli scopi di questo mondo è raggiungere l’individuazione, oltre che la tanto ambita illuminazione, perché se ognuno facesse del suo meglio per evolvere, per superare i propri limiti soprattutto cognitivi, potremmo salvarci tutti, trascinando anche i meno propensi verso la consapevolezza dell’essere.
Qui entrerebbe poi in gioco quell’amore di cui parlavo, quello che libera da tutto ma che rende responsabile di tutto. Perché alla fine è l’origine della forza che dà la direzione.
Mi spiego meglio.
Conosco diverse persone che sembrano altruiste e amorevoli, ma la loro azione benevola è spinta da forze diverse dall’amore che abbiamo preso in causa precedentemente. Ovvero:
– fanno del bene per timore di Dio, quindi per una punizione divina. Quindi la forza generante è la paura.
– fanno del bene per farsi belli agli occhi di Dio. Quindi nell’arroganza di dire io sono meglio di te perché Dio mi apprezza di più.
Poi ci sono persone che pensano di essere nel vero e nella ragione (io un tempo ero qui) e quindi in nome dell’amore vogliono cambiare gli altri per “salvarli” dalla dannazione… ma nel girone ci sono loro, c’ero io.
Sono cmq forze esterne a noi. Forze manipolatorie, forze che se non ben centrati in noi, unificati in tutte le nostre parti, ci porteranno ad essere manipolati, quindi schiavi.
Col tempo ho imparato che l’unica forza che ci permette di scalare le NOSTRE personali montagne, viene da dentro.
Ed è un’azione spontanea, senza fini. È quell’azione che lascia traccia, senza legami. È la scintilla che se scoccata al posto giusto accende, ma a quel punto non ci deve più interessare, perché tutto fluisce in uno spazio condiviso e naturale.
È una questione tra anime, e la personalità qui svanisce. Ma ho anche capito che non c’è modo di insegnare questo passaggio, lo si può solo sperimentare direttamente.
Raccontare l’esperienza ha il solo scopo di far nascere dubbi ai più coraggiosi.
Finchè non arriviamo a comprendere questo, rimaniamo in uno stato di schiavitù inconsapevole, che ci porta ad essere manipolati senza rendercene conto.
Continueremo a pensare da schiavi credendo di essere liberi, lasciando che ai vertici facciano per noi. A noi comunque rimane pur sempre il lamento, una vana consolazione che dà sfogo alle frustrazioni senza possibilità di salvezza.
Allora come possiamo salvarci?
Iniziando ad essere più leali e sinceri con noi stessi. Iniziando ad amarci indipendentemente dal mondo esterno. Considerando il fatto che siamo intossicati da automatismi e programmi cristallizzati nel nostro subconscio e che per liberarci dalle catene, dobbiamo imparare a non crearcene da soli.
Imparare a farsi le giuste domande, non avere paura dei dubbi, e vivere le crisi come atti propiziatori per i salti evolutivi.
Il silenzio e la contemplazione sono due portali che conducono nel profondo del nostro essere e che, se vissuti con amorevole distacco, possono aiutarci a osservarci da punti di vista più alti.
Quando si raggiunge questo stato, difficilmente si potrà essere manipolati, perché arriva un punto in cui si percepisce quando lo si è e quando non lo si è. Questo implica un grande senso di responsabilità che concede molta libertà, ma anche una grande presa di coscienza.
Questo è il tipo di lavoro che salva dalle bassezze di questo mondo.
Riconosco che occorre coraggio, tanto coraggio per portarlo avanti.
Pena, la schiavitù e la manipolazione.
Da soli, possiamo farcela insieme.
Immagine di copertina Andreas Riedelmeier da Pixabay
Testo a cura di Serena Tracchi
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