Il lamento

Continuo la saga sulle riflessioni inerenti il senso di schiavitù, perché ritengo ci sia veramente molto da dire.

Mi sono chiesta qual è la chiave che mi permette di vedere che sono soggetta ad un pensiero da schiavo,  e ne ho trovate qualcuna. Vi parlo di quella più evidente, in modo tale da aiutarvi a identificare questi pensieri da trasformare.

La caratteristica più conosciuta e in cui tutti cadiamo è IL LAMENTO.

Ogni volta che ci stiamo lamentando stiamo ripercorrendo la storia degli schiavi. E’ nel nostro DNA lamentarci e basta. Perché nel passato chi si è permesso di reagire, anziché lamentarsi non ha fatto una bella fine. Il Potere Padrone ha sempre avuto la meglio, se non per rari casi di fortuna, o fato benevolo, o destino predeterminato (ma questi sono concetti che non svilupperò in questo articolo)

Quando ci lamentiamo il nostro corpo biologico risponde in modo che tutto il nostro sistema, anche psicofisico, si ricalibra su frequenze adatte all’attacco o alla fuga.

Cosa significa?

Significa che, oltre a rilasciare il cortisolo che attiva le parti vitali essenziali e permette al corpo di reagire, la lamentela ripetuta influisce sul cervello, rafforzando le connessioni neuronali di negatività.

In pratica tutto il sistema che permette di ragionare, si riduce con l’abitudine a lamentarsi, e ciò porta ad indebolire la capacità cognitiva, la memoria e la capacità di prendere decisioni chiare.

Ma non solo, lo stato di stress cronico da lamentela abbassa le difese immunitarie, aumenta i rischi di malattie cardiovascolari, diabete e disturbi digestivi come coliti e gastriti, amplifica emozioni negative come rabbia, tristezza e ansia, incattivisce l’umore e può portare a un atteggiamento di vittimismo che blocca azioni efficaci.

In sintesi, la lamentela ci porta ad essere schiavi perché incapaci di ragionare, di prendere decisioni e anche se volessimo agire, il nostro sistema è scarico, stanco e non in grado di portare avanti gli intenti di liberazione.

Come vi sentite ora?

Se siete scossi va bene, perché tutti ci lamentiamo della vita, quindi cosa conviene fare?

Il solito : utilizzare la lamentela per scoprire qualcosa di più su di noi.

Spesso vedo i colleghi lamentarsi continuamente del proprio ruolo, della mancanza di rispetto per il proprio lavoro, degli orari improponibili, ma poi non fanno niente per cambiare la situazione. Quindi rimango in quel circolo vizioso di lamento e sofferenza, perché non c’è alternativa.

A volte è vero, ma solo in parte. Quando non c’è alternativa ad un disagio, non possiamo pensare che sia per sempre (pensiero da schiavo), ma posso trovare dentro di me le risorse per cambiare il mio punto di vista sulla situazione e nel frattempo trovare soluzioni alternative per far sì che la situazione cambi (pensiero da essere libero).

Aiutati che Dio t’aiuta.

Non è un detto buttato a caso.

Significa che se non muovi il primo passo stai dicendo all’Universo che ti va bene così, e chi è l’Universo per dire il contrario? Non esiste per caso il libero arbitrio ? (altro concetto da approfondire in separata sede)

La lamentela ha una direzione a carica negativa, l’intento invece ha una direzione a carica positiva. L’intento però deve essere spinto da una forza. Quindi quale forza sta agendo dentro di te affinchè il tuo intento porti tutto il meccanismo a funzionare ?

Il lamento ci deve servire solo per input iniziale. Se mi lamento per qualcosa, significa che qualcosa non va bene per me. Punto. Me ne accorgo e inizio a sprofondare nei miei territori interiori per capire perché non è adatto a me, di cosa realmente mi sto lamentando, quali alternative ho, o in mancanza di esse come posso cambiare il punto di vista per attivare il processo di cambiamento.

Questa è la legge d’attrazione. Niente di più, niente di meno.

Purtroppo per arrivare a mettere in moto tutto questo occorre fare un lavoro profondo di conoscenza di Sé, che non si può delegare. Occorre prima imparare la disidentificazione da ciò che sappiamo di noi e del mondo, occorre depurarci da tutti gli automatismi, credenze inconsce, meccanismi di ripristino delle abitudini, e tanto altro.

Questo mette in conto fatica, sconforto e tante crisi, altrimenti continuiamo a lamentarci e rimaniamo schiavi di tutto e soprattutto di noi stessi.

Ma di questo parleremo in un altro momento.

Intanto… occhio al lamento!

Serena


Foto di copertina di Kimut da Pixabay

Testo a cura di Serena Tracchi

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